Giovanni Spampinato. L'Ora, 27 gennaio 1972

È contro il Sud il Progetto ’80

La Commissione Finanza e Programmazione dell’Assemblea regionale ha definito la stesura delle osservazioni al piano programmatico preliminare elaborato dal Ministero del Bilancio.

Il documento sarà presentato al Convegno delle Regioni meridionali che si terrà a Cagliari fra qualche settimana e sarà inserito nella relazione ufficiale che d alla Sardegna finirà direttamente agli organi della programmazione nazionale.

Le conclusioni alle quali è giunta la commissione Finanza saranno sottoposte martedì prossimo al vaglio di tutta l’Assemblea che apporterà, qualora fosse necessario, le opportune modifiche.

Alla luce di quanto è successo, sembra che il primo a non credere alla programmazione nazionale è proprio il Governo regionale.

Il Ministero del Bilancio da mesi aveva sottoposto all’attenzione delle Regioni il documento preliminare che fissa le direttrici economiche entro cui dovrebbe muoversi per il prossimo futuro l’economia italiana.

La Regione siciliana avrebbe dovuto esaminarlo discuterlo ed eventualmente formulare proposte alternative.

Fasino ed i suoi dodici assessori avrebbero dovuto esaminare la pesante materia e confrontarla con il piano di sviluppo economico regionale. Quindi il giudizio: è valido o no per l’economia meridionale e siciliana in particolare?

Tutto questo non è successo.

Innanzi tutto perché la Sicilia, dopo venticinque anni di autonomia, non è stata mai capace di darsi un piano economico di sviluppo. I governi regionali ne hanno ordinati molti, ma nessuno si è rivelato definitivo ed efficiente.

In mancanza di idonei strumenti è toccato quindi al Presidente della Regione Fasino formulare, anche se con notevole ritardo (le osservazioni dovevano essere pronte fin dall’ottobre scorso) alcuni giudizi ed alcune proposte.

Fasino si è presentato, così, nei primi di novembre alla commissione Finanza e Programmazione dell’Assemblea (presidente Giummarra) e in quella sede, come si ricorderà, ha dato sfogo anche se all’insegna della fretta alle sue pesanti critiche.

Il suo intervento è stato quindi integrato dalle osservazioni formulate dalle altre forze politiche presenti all’ARS.

Il tema è stato abbondantemente dibattuto ed il giudizio finale della commissione Finanza sul documento programmatico del Governo nazionale è risultato abbastanza pesante: “inaccettabile da parte delle Regioni meridionali” e particolarmente dalla Sicilia.

La commissione Finanza sostiene il suo giudizio negativo affermando che il documento n azionale “non solo non potrebbe realizzare obbiettivamente lo sviluppo del Mezzogiorno, ma non eliminerebbe neppure i vizi del sistema economico e sociale del Paese individuati nella parte generale dello stesso progetto”.

Il motivo principale del dissenso formulato dalla Commissione Finanza sta nel fatto che nei programmi del Governo centrale resta immutata la tendenza “ad operare sulle disponibilità di risorse risultanti dagli incrementi del reddito senza incidere sul meccanismo di produzione del reddito stesso”. Ciò comporterebbe inevitabilmente l’impossibilità di “determinare spostamenti di ricchezza apprezzabili al di fuori delle aree e dei settori in cui quella ricchezza viene prodotta”. Cosa significa?

Se, ad esempio, la ricchezza (si fa per dire) del Sud cresce ogni anno del 10 per cento, questa “disponibilità di risorsa” porta all’installazione di un’industria. Se cresce del 20 per cento, alla istallazione di due industrie. Ognuno cioè – forziamo l’esempio – deve friggersi nel proprio olio. Ma come cresce il reddito se mancano i mezzi di produzione, se i meccanismi di produzione rimangono gli stessi.

In parole povere: come ci si può friggere se manca l’olio. E’ un circolo chiuso che come sostiene la relazione della Commissione Finanza finirebbe con l’aggravare il dualismo Nord-Sud ed il Mezzogiorno verrebbe condannato ad un ulteriore processo di degradazione ed all’economia italiana sarebbe imposto soltanto un in sopportabile contributo assistenziale nei confronti del Sud, che finirebbe – secondo la Commissione – col gravare sullo stesso apparato produttivo.

Quando – facciamo un altro esempio – la programmazione nazionale d estina 61 mila miliardi all’Industria e 11 mila miliardi al l’Agricoltura, non ha invertito il meccanismo di produzione.

Quindi una delle proposte principali riguarda appunto l’aumento “del volume globale degli investi menti” cd una diversa distribuzione delle risorse disponibili fra i settori economici con un aumento degli investimenti nell’agricoltura.