Giovanni Spampinato. L 'Ora, 8 giugno 1972

Per le belle di Ragusa come è difficile farsi il ragazzo.

RAGUSA, 8 giu – “In una grande città è diverso: cambi quartiere, e nessuno ti conosce. Ognuno si fa i fatti suoi, c’è meno controllo sociale, e i rapporti fra giovani dei due sessi sono più naturali. Ma in provincia si è sempre condizionati dall’ambiente ristretto, dal fatto che più o meno ci si conosce tutti, e si deve dar conto alla gente”.

Un discorso che mi è stato ripetuto in piccoli paesi come Santa Croce o Ispica, e in grossi centri, come il capoluogo o Modica: il controllo sociale condiziona, dove più dove meno, i rapporti fra i due sessi, e genera problemi.

L’amore viene condizionato anch’esso, a livelli di sentimento?

A sentire qualcuno, sì, e fortemente, tanto che si sfiora il dramma. Il condizionamento non significa solo divieto per la ragazza di frequentare il giovane che ama (divieto che va da una sorta di segregazione più o meno discreta al martellamento psicologico): significa anche, e ciò è avvertito da alcuni come una insopportabile eredità di altri tempi, tabù.

Molte delle ragazze che ho intervistato mi hanno raccontato tristi storie molto simili fra loro: la madre che non le fa uscire, i sotterfugi, le piccole bugie, l’amore segreto, i rimproveri, la segregazione, il raggiro, il fidanzamento ufficiale come scappatoia, e il matrimonio come fuga dalla famiglia, e poi le delusioni, il fallimento.

Ragazze soprattutto del popolo, che non hanno potuto frequentare le scuole. “Le studentesse sono privilegiate, perché almeno la scusa per uscire ce l’hanno: la mattina per andare a scuola, il pomeriggio per andare a fare i compiti con una compagna. E se le vedono con un ragazzo, possono sempre dire che è un compagno di scuola…”.

Oltre alle studentesse, godono di una certa libertà molte commesse, le poche operaie, le impiegate. Per le casalinghe, che sono la maggioranza, il problema resta a livello elementare, e il più delle volte viene aggirato, appunto attraverso il fidanzamento (ma si esce ancora con l’accompagnamento dei parenti, la cosiddetta ” coda”, si debba andare al cinema o a fare due passi), e il matrimonio.

In queste condizioni chiedere : “Cosa ne pensi dell’amore?” diventa quasi un non senso. Risposte che sembrano tirate fuori dai fotoromanzi (“Penso che l’amore sia un donarsi completo alla persona amata, soprattutto un’unione di anime”) o, più spesso, silenzi imbarazzanti (”Non so, non ci ho mai pensato”).

Spingersi oltre (“se amassi veramente un uomo, arriveresti ad avere rapporti completi con lui?”) diventa azzardato. Una ragazza si è scandalizzata, ha fatto capire che secondo lei erano ” porcherie” e che c’è troppa libertà nei costumi (la ragazza ha 25 anni, e dichiara di non essere mai stata fidanzata). Un’altra ragazza, 22 anni sbotta candidamente in un “E chi ci ha mai provato?”, e scoppia a ridere, seguita da tutte le altre.

Poi cominciano ad ammettere che, sì, se fosse il grande amore… Ma subito, quella che ha confessato di “non averci provato”, precisa che forse farebbe l’amore, ma non andrebbe a viverci insieme. La compagna di 25 anni si mostra più scandalizzata che mai.

La conversazione si svolge in un’aula di un corso di addestramento professionale. Il direttore, un giovane di 23 anni, ha voluto prima conoscere la natura dell’indagine, la traccia che si sarebbe seguita, “per evitare grane”. Scopro che alcune ragazze qualche mese fa avevano chiesto che si parlasse di educazione sessuale in classe.

Non se n’era fatto niente, e la polemica è ancora viva. Le ragazze presenti sono quasi tutte casalinghe. Alcune ammettono di aver voluto fare il corso per avere la scusa per uscire, quel minimo di libertà che finora avevano avuto negato. Qualcuna ha il ragazzo, di nascosto dai genitori (“se lo sapessero, non mi farebbero più uscire”). Sono quasi tutte sui vent’anni.

L’insegnante, anche essa giovane, interviene dicendo che c’è troppa ignoranza sull’amore, sul sesso, e che questo è male. “Io, se potessi, mi sposerei subito, per liberarmi dai condizionamenti della famiglia. Molte si sposano solo per questo motivo, ed è uno sbaglio, perché i matrimoni fatti così vanno a monte”.

La discussione si trascina per due ore. A porre delle domande più “spinte” mi aiuta una maestrina ventenne, che avevo intervistata in precedenza, e che aveva detto che lei ha una concezione molto aperta dell’amore, che soprattutto deve essere spontaneità.

Frequenta anche lei il corso, e chiede alle compagne: “Ma voi cosa ne pensate della verginità”. Poche risposte, imbarazzatissime.

Qualcuna dice che è un “valore” da difendere. Altre, prima timidamente, poi con più decisione, affermano che sono gli uomini a tenere alla verginità: “Dicono che a loro non interessa, che basta che ci sia l’amore; ma alle strette la moglie la vogliono vergine, e se hanno rapporti completi con una ragazza poi la disprezzano”.

La ragazza di 25 anni interviene continuamente, dice che ci deve essere una misura, ripete che c’è troppa libertà, e che lei confida tutto alla madre. “Si vede che non hai cose veramente importanti da nascondere”, ribattono le altre.

Risposte diverse – ed era scontato – da parte di un gruppo di studenti modicani, impegnati politicamente nel Movimento studentesco.

Risposte di ragazzi dai 15 ai 23 anni che hanno le idee abbastanza chiare sui rapporti fra i due sessi, idee molto progressiste, di rottura con l’ambiente. Ma alcune di. queste risposte mi hanno lasciato perplesso, perché sembrano troppo mediate culturalmente e non “vissute”.

Gli studenti hanno una maggiore libertà degli altri giovani, e i rapporti fra ragazze e giovanotti sono meno drammatici che in altri ambienti. Ma all’interno di quello che può definirsi il “ceto” studentesco esistono varie stratificazioni, che talvolta passano attraverso vere e proprie fratture. E sono stratificazioni sociali, soprattutto.

La ragazza di estrazione popolare che studia vede praticamente assai ridotta, rispetto alle compagne di origine borghese, la sua libertà, e quindi la possibilità di “farsi il ragazzo”.

Un liceale, Alberto, riferisce la considerazione sconsolata che faceva un compagno passeggiando per il corso: “Sapeste com’è difficile di questi tempi trovarsi una ragazza!”. “Come se si trattasse di un oggetto di consumo”, commenta Alberto.

Tutti affermano che la colpa è del provincialismo, dell’ambiente troppo ristretto. Michele, anch’egli frequenta la seconda liceo classico, parla di fidanzamenti “frutto di un equivoco: si ha bisogno di una persona dell’altro sesso a livello di esigenza psicologica, non per un vero bisogno di affetto. C’è poca maturità nella scelta”.

I rapporti non sono sempre sereni, anzi sono spesso caratterizzati da una nevrosi di fondo: anche qui è colpa dell’ambiente, che porta facilmente a far scambiare quella che potrebbe essere una normale amicizia per amore, per il solo fatto che i due partners sono di sesso differente.

Michele afferma che al: nord c’è più libertà e che da noi c’è troppo classismo. Nenè, universitario, sostiene che “la repressione è caratteristica di questa società che impedisce la piena espressione dell’individuo a cominciare dal rapporto erotico, che di per sé è quello che dovrebbe esprimere più completamente la creatività, la fantasia”.

Nenè racconta anche la sua esperienza personale. La sua famiglia è benestante, una ” famiglia-bene” e non approva la sua relazione con una ragazza che “non è alla sua altezza”, essendo figlia di lavoratori. Questo gli ha creato seri problemi, tanto da fargli pensare alla eventualità di andarsene da casa.

Ma il discorso più. interessante, perché è quello che devia maggiormente dal tema dell’inchiesta, è quello che fa Enza, 2° liceo, che dice che non si può parlare dell’amore a Modica, in provincia, come di un fatto isolato o isolabile: la repressione sessuale esiste al sud come esiste al nord, e non dipende solo dalle condizioni sociali: “I tabù sono voluti da una classe per meglio esercitare il suo dominio. Non è un caso che Freud abbia operato nella Mitteleuropa. Al sud il problema è più “interiorizzato”, ma è uguale a quello di tutta la civiltà occidentale”.

La tesi, per quanto formalmente ineccepibile, non mi convince e discutiamo a lungo: la cosiddetta civiltà occidentale si è sviluppata sulla repressione e la sublimazione dell’Eros, e oltre che da Freud il fenomeno è stato analizzato da Marcus, da Fromm. Ma sembra quanto meno azzardato dire che la compressione sessuale si manifesti allo stesso modo a Modica e a Stoccolma.

Gli altri ragazzi raccontano i loro problemi personali, e quelli ben più gravi di altri giovani: “Nelle campagne si arriva al matrimonio senza conoscere il fidanzato e i matrimoni sono ancora combinati dai “sensali”.

Ma in certi ambienti la situazione odierna non si può nemmeno paragonare a quella di soli 10 anni fa. “Le macchine – sostengono gli studenti di Modica; ed è opinione che hanno condiviso molti altri – hanno portato una piccola rivoluzione. Con l’automobile è più facile appartarsi, sottrarsi agli occhi indiscreti”.

La “gente” sa, ma comincia ad abituarsi. Molti genitori si adeguano, spesso fanno finta di non sapere, qualche volta accettano la situazione. Pochi condividono. L’importante comunque è che le cose si facciano in un certo modo, che insomma “la gente non parli”.

Quanti arrivano ad avere rapporti completi, fanno veramente all’amore? Difficile improvvisare statistiche. Stando però a quello che si vede e si sente in giro, parecchie coppie. Molte ragazze, anche teenagers, cominciano a far uso della pillola, anche se una sorta di pudore o il timore di effetti spiacevoli trattiene molte, che pure vorrebbero usarla.

Ma l’impressione è che più spesso ci si limiti al petting, con tutto ciò che questo comporta. Non è solo la paura di restare (o di mettere) incinta la ragazza ad impedire l’amplesso: è anche, e a volte soprattutto, il tabù, sedimentato anche in molte delle ragazze che sono considerate emancipate, e che non riescono a superarlo.

Un universitario, all’inizio dell’inchiesta, mi contestò lo stesso tema. “L’amore in provincia? Non esiste, non pu6 esistere, è i m possibile.

E non perché non ci sia la possibilità di trovare una ragazza a cui si vuole bene: no, questo anzi non è un problema. Il problema nasce proprio quando si ha la ragazza. Ma lasciamo perdere” .

Alla fine cede, e mi racconta la sua storia. Con la sua ragazza sono insieme da due anni: “Prima immaginavo che sarebbe stato tutto meraviglioso, spontaneo. Invece, in tutto questo tempo è come se non fossimo mai stati soli. Anche quando ci appartiamo, e le occasioni non mancano, lei pensa ai genitori, a cosa ne direbbe la gente, e si irrigidisce, e come se fossi solo. Dice che non può fare all’amore, perché dopo non si sentirebbe più la stessa, non avrebbe il coraggio di guardare in faccia i suoi genitori”.

La ragazza è anch’essa universitaria. Il giovane finisce la sua confessione abbassando la testa: “Credo di essere diventato impotente”.

L’ho reincontrato casualmente pochi giorni fa. Era allegro: “Tutto risolto. – mi apostrofa – Sai, è come cambiata, ora non ha più problemi, è come se fosse cominciato tutto ora”.

Ma dopo poche ore, in un paesino dell’interno, torno a chiedermi: “Per quanta gente la situazione è cambiata? E per quanti il tempo invece si è fermato?”.

Una bottegaia, inviperita, sta arringando una piccola folla di massaie: “Vi sembra giusto, vi se m bra giusto?” Si rivolge pure a me: “Le sembra giusto?”. Si parla del “velo”: la bottegaia sta sposando la figlia, una ragazza a posto, la conoscete tutti, rispettosa e ubbidiente”, e la figlia naturalmente ha diritto al velo, perché in quattro anni di fidanzamento non è mai uscita da sola col fidanzato (“un bravo giovane, che quando ve deva che mia figlia era sola in negozio non entrava, e andava a farsi due passi”).

Ma che cosa vale che la figlia possa andare all’altare col velo, come è giusto, se ormai tutte, anche le “svergognate” che tutti sanno che sono uscite in macchina da sole col fidanzato (“e magari ne hanno cambiati tanti, e chissà quali porcherie hanno combinato”) si sposano in chiesa, “col velo!”.

Giovanni Spampinato

Il velo, il segno visibile della verginità, non ha più valore: che vale, dice la bottegaia, se ormai è inflazionato, se non ci si fa caso?

E anche in questo sembra che la moneta cattiva scacci la buona.