Mario Genco. L'Ora, 2 novembre 1972

Campria costretto a coprire qualcuno?

L’uccisione di Giovanni Spampinato. Questa ipotesi viene confermata dall’interrogatorio pieno di bugie e di reticenze. La difesa vuol giocare la carta della seminfermità mentale dell’assassino. Ieri perquisizioni

Un passaporto per la seminfermità mentale: questa è sembrata ieri la strategia difensiva che Roberto Campria ha delineato (o diligentemente ripetuto?), durante le tre ore di interrogatorio al quale è stato sottoposto nel carcere di Modica dal sostituto procuratore generale Auletta. Un interrogatorio contrappuntato da bugie, amnesia e lacrime.

Prima bugia: afferma di non aver mai né visto né conosciuto l’ex marò della Decima Mas Vittorio Quintavalle, la cui inquietante e finora indecifrata presenza nel ragusano si riflette non poco sul delitto Tumino.

C’è tuttavia gente, a Ragusa, che riferisce di avere visto insieme Campria, Tumino e Quintavalle. Sembra perfino che durante uno degli incontri di Giovanni Spampinato con Campria i due abbiano incontrato Quintavalle che Campria avrebbe chiamato fermandocisi a chiacchierare. Allora: perché Campria dice di non conoscere il fascista Quintavalle, quando sa benissimo che un sacco di gente a Ragusa li ha visti insieme?

Seconda Bugia: Campria dice di non avere avuto mai interessi né contatti politici, specialmente verso destra. Ma non era uno dei pochi amici dell’ingegner Angelo Tumino, la cui milizia politica nel MSI era arcinota a tutti e quindi anche al Campria?

Negando i suoi contatti con gli ambienti della destra ragusana (Tumino, si ricordi, era in rapporti non precari con l’onorevole missino Cilia, a sua volta ben collegato al principe Borghese e ai tempi di “Ordine Nuovo” anche con l’ultrà Pino Rauti); Roberto Campria tenta perfino di giocare la carta di un suo sinistrismo “in divenire” e rileva che gli unici discorsi politici egli li faceva proprio con Giovanni Spampinato.

Tutto ciò, sarebbe venuto fuori dall’interrogatorio di ieri, anche se le indiscrezioni trapelano con molta difficoltà e non sono sempre controllabili. Le amnesie sono molto più numerose: in pratica, Roberto Campria non ricorda quasi nulla. Della forsennata sparatoria con la quale ha ucciso Giovanni Spampinato riesce a dire soltanto: “Non so perché l’ho fatto. Io volevo bene a Giovanni, lo stimavo. La macchina si fermò, io scesi e mi misi a sparare”.

E’ già tanto che ieri abbia detto almeno questo: perché la sera di venerdì, al sostituto procuratore Fera che gli chiedeva di dirgli il perché, Campria non seppe o volle dire altro che: “Non ricordo più nulla”. Si era creduto fino ad oggi che quella sera avesse detto più o meno: l’ho ucciso perché lui aveva ucciso moralmente me, o qualcosa di simile. Macché, neanche questo disse: troppo tempestivo per essere uno smemorato.

Ora, una posizione di questo tipo sarebbe contraddittoriae decisamente controproducente per qualsiasi altro imputato di omicidio: in casi come questo, la provocazione è il meno che l’assassino dovrebbe essere indotto a prospettare con attendibili margini di verosimiglianza o quanto meno di speranza. Campria non tenta neppure: punta tutto, fin dai primi minuti, sulla carta della seminfermità mentale.

Le uniche domande alle quali abbia risposto con grande esattezza di dettagli sono state proprio quelle relative alle sue condizioni di salute mentale. Sembra infatti che abbia ricordato perfettamente una visita neurologica alla quale anni fa fu sottoposto a Roma; ed un’altra cui lo sottopose il professore Pisana, direttore dell’ambulatorio provinciale di Igiene Mentale dove lo stesso lavorava, quando e come decideva di farlo. Di questa ultima visita – avvenuta pochi mesi fa – ha specificato che non ne seguì la terapia consigliatagli.

Neurolabile e per giunta ribelle alle cure prescritte dal medico: come non credere allora che le due pistole gli siano saltate in mano dal borsetto e così con autonoma determinazione si siano messe a rovesciare proiettili?

Omicidio senza movente dunque omicidio di un folle: l’equazione difensiva è estremamente chiara, ma ci sembra altrettanto incredibile.

Soprattutto, conferma nell’ipotesi già fatta che Roberto Campria sia, abilmente manovrato, costretto a coprire qualcuno. Ciò riconduce immediatamente al delitto Tumino, sul quale ieri il sostituto Procuratore Generale Auletta sembra abbia a lungo ma inutilmente insistito durante l’interrogatorio, e alla trama nella quale quel delittò si maturò. Quella trama è nera, in uno sconcertante intreccio di interessi che vanno dal commercio clandestino di materiale archeologico alla vendita di quadri rubati, dal contrabbando al traffico di armi e esplosivi: tutto un vastissimo campo di indagini che nessuno finora ha mai affrontato con un minimo di decisione.

Anche in questo senso ieri avrebbe tentato di scavare il dott. Auletta, ma sembra inutilmente. Roberto Campria ha una memoria di ferro, quando si tratta di non ricordar nulla.

Ogni risposta negativa prepara a una contraddizione: tutto l’interrogatorio poggia appunto su tali difficili rapporti. In ogni caso, il dottor Auletta ha dichiarato che quelle tre ore trascorse nel carcere di Modica gli bastano, e che per quanto lo riguarda l’interrogatorio è finito.

Ieri pomeriggio sono state effettuate alcune perquisizioni, altre ce ne sono state nel corso della notte. In casa Campria sembra siano stati sequestrati alcuni appunti relativi al caso Tumino: ma è difficile che possano avere troppa importanza, considerato che sono stati trovati ben cinque giorni dopo, in una casa che nessuno aveva pensato di sigillare dopo un primo rapidissimo sopralluogo avvenuto la notte stessa dell’omicidio di Spampinato.

Secondo certe voci raccolt in via Giovanni Meli dove appunto è la casa, il giorno prima il Presidente del Tribunale (titolare della funzione anche se attualmente “ammalato” e in “esilio” a Caltagirone) sarebbe stato visto uscire dal portone: del resto nessuno avrebbe potuto impedigli di tornare a casa sua.

Un’altra perquisizione è stata effettuatain casa di due vecchie zie dell’avvocato Cavalieri – padre dell’ex fidanzata di Roberto Campria – dove sarebbe stata trovata la pistola-catenaccio che, restituita da Campria dopo la rottura del fidanzamento all’avv. Cavalieri, fu da questi consegnata alla Procura. Su questa pistola, come è noto, è attualmente in corso una perizia balistica a Siracusa.

Infine una terza perquisizione è stata compiuta la socrsa notte in via Fiume, dove Roberto Campria stava arredandosi un appartamento dove andare a vivere da solo

Mario Genco