Civiltà Cattolica: “Giovanni non era un titano ma una persona e cercava la verità”

La recensione del libro di Alberto Spampinato: “C’erano bei cani ma molto seri Storia di mio fratello Giovanni ucciso per aver scritto troppo” -Milano, Ponte alle Grazie, 2009, 291, €15,50, pubblicata dal quindicinnale LA CIVILTÀ CATTOLICA il 3 Aprile 2010  nella Rassegna Bibliografica a pagg 97-98.

Alcune persone attraversano la storia senza lasciare apparentemente tracce significative; esse rimangono vive soltanto nella memoria di parenti e amici. Poi, a distanza di anni, la loro memoria travalica i limiti del mero ricordo parentale e amicale ed è consegnata a quella di un più ampio numero di persone. In questo passaggio della memoria emerge anche l’attualità di tali figure, sottratte dall’oblio della storia. E questo il caso di Giovanni Spampinato, probabilmente scono-sciuto ai più, la cui breve esistenza è ricostruita in questo libro scritto dal fratello Alberto. Nato a Ragusa nel 1946, Giovanni Spampinato è stato ucciso nel 1972 in circostanze ancora non chiarite, mentre, come corrispondente dell’Ora di Palermo, stava indagando su un omicidio e stava cominciando a rivelare un perverso intreccio tra, mafia, eversione nera e sevizi segreti.

Il libro non è uno studio rigoroso e asettico e neppure una biografia in senso stretto. E piuttosto il riaffiorare di una storia disegnata progressivamente, mentre emergono dalla memoria tasselli di un’esistenza tragicamente interrotta prima di aver compiuto un più ampio percorso di vita, In questa ricostruzione tre prospettive di fondo si concatenano. La prima è il riferimento della vita di Giovanni nel più ampio quadro della storia culturale e sociale della Sicilia e del nostro Paese dalla seconda guerra mondiale fino all’emergere dei poteri oscuri della reazione e della criminalità. La seconda è la ricostruzione non idealizzata della personalità di Giovanni, che appare con tutte le sue asprezze, con il suo carattere non semplice, con i suoi ideali e anche con una certa ingenuità di fondo. Colpisce il progressivo isolamento che per vari motivi si crea intorno a lui, a proposito del quale non sembra senza rilevanza il suo rigore nel ricercare e perseguire la verità, una volta intuita. La terza è proprio quella del fratello Alberto e, in senso più lato, quella di tutta la famiglia di Giovanni. Coniugando una certa riservatezza, che lascia intuire molto di più, con l’esplicitazione di sentimenti e pensieri, il libro getta luce anche sull’esito devastante che una morte del genere provoca in una famiglia. Essa tocca, modificandole, le relazioni tra i membri della famiglia dell’ucciso e ferisce profondamente ciascun membro dei nucleo familiare. Ci vogliono anni per sanare — o quanto meno rendere meno acerbe — le ferite devastanti di questa morte, e Alberto Spampinato (che tra l’altro ha seguito le orme del fratello, diventando a sua volta un giornalista professionista) lo fa mettendo a nudo il proprio cuore anche per quello che ritiene essere un dovere nei confronti della figlia.
Il libro si legge tutto di un fiato, con interesse e partecipazione, ma anche con un certo senso di frustrazione e di sorda rabbia impotente, perché non si possono evitare interrogativi non soltanto sulla vicenda di Giovanni, ma anche su analoghe situazioni di indubbia attualità. Giovanni non è stato un eroe titanico, ma una persona che ha scelto la strada più difficile, quella della ricerca ostinata e quotidiana della verità delle cose. Più si è inoltrato in tale ricerca, più è stato lasciato solo e isolato, pur scrivendo e rendendo pubbliche ipotesi e acquisizioni di dati di fatto. Che cosa resta di questa ricerca?

S. Mazzolini