Don Ciotti a Ragusa: «Non si può tacere, salite sui tetti a denunciare»

Da “La Sicilia” del 28 Aprile 2010

“Non mi terrò in silenzio, non mi darò pace, finché non sorga come stella la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada”. Usa le parole del profeta Isaia don Luigi Ciotti. Parla di ferita inferta alla famiglia, rivolgendosi in sala all’amico Alberto Spampinato, ma anche all’intera comunità ragusana, o almeno a “quella onesta e perbene” che, dopo 38 anni, attende ancora verità e giustizia. “Dobbiamo conoscere la storia di Giovanni e sapere che è stato ucciso perché difendeva la libertà in una terra di soprusi e di sopraffazione”. Alla sala Avis, gremita all’inverosimile, il presidente di Libera ricorda la figura di Giovanni Spampinato, cronista de L’Ora, assassinato il 27 ottobre 1972. “Era un giornalista coraggioso che non si fermava alla superficie dei fatti. Scendeva in profondità, com’è necessario per conoscere la verità. Non c’è dubbio che lo hanno ucciso per questo”. E ribadisce: “Spampinato e gli altri giornalisti caduti ci hanno dimostrato sulla loro pelle il costo delle parole. È stata tutta gente che ha subìto continuamente quello che io definisco ’il morso del più’, del fare sempre di più. Credetemi – aggiunge – il nuovo peccato di oggi è la superficialità del sapere, ma anche la dipendenza dell’informazione da poteri politici ed economici”. “La nostra bussola deve essere l’art. 21 della Costituzione – continua -. Una democrazia non può vivere senza una libera informazione. Salite sui tetti a denunciare – ammonisce don Ciotti, ricordando le parole di don Peppino Diana, ucciso dalla camorra – e se è il caso provate non solo indignazione, ma disgusto per quello che vedete. Non si può rimanere in silenzio”. Un lungo applauso allora quando non risparmia di ricordare il conflitto tra pubblico e privato, il condizionamento costante degli organismi di garanzia, lo scandaloso disegno di legge sulle intercettazioni, la distorsione della notizia. E lo fa accanto a Franco Nicastro, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Sicilia e ad Alberto Cicero, segretario dell’Assostampa siciliana. “Spampinato – dice Nicastro – è stato dimenticato dai ragusani, complice anche una certa stampa che non ha fatto il suo dovere e che ha puntualmente delegittimato il suo lavoro al pari dei tribunali”. Alberto Cicero ha poi sottolineato la difficoltà per un giornalista di “tenere la schiena diritta” spesso a causa di indecenti condizioni lavorative.

Silvia Ragusa