LA ‘TERZA VIA’ DI PONZIO PILATO

Testamento biologico: La legge e i libri che ne parlano” di Luciano Di Natale

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di Luciano Di Natale

RAGUSA, 25 lug 2010 – Voglio fare alcune considerazioni critiche, che credo molti condivideranno, a proposito di tre libri sul testamento biologico, della deludente legge sul fine vita approvata al Senato e in attesa di essere esaminata dalla Camera dei deputati, del tentativo di negare che l’alimentazione e l’idratazione forzata siano delle terapie mediche e dell’indicazione di una fantomatica ‘terza via’ che a me ricorda quella scelta duemila anni fa da Ponzio Pilato.

Parto dal libro  del  vice presidente del Senato, Domenico Nania, parlamentare del Pdl, dal titolo: ”Il testamento biologico – La  terza via”, presentato qualche settimana fa, a Ragusa Ibla, nella Chiesa di Santa Teresa. A quella presentazione sono intervenuti, fra gli altri, mons. Paolo Urso, vescovo di Ragusa, il presidente della Provincia, Ing. Franco Antoci, il sindaco di Ragusa, Nello Di  Pasquale, il dott. Duchi, già presidente del Tribunale di Ragusa, il presidente dell’Ordine dei Medici di Ragusa, Salvatore Criscione. Io, sollecitato dal tema particolarmente importante , che mi tocca da vicino,ho portato il mio contributo, pur nei limiti di tempo strettissimi imposti dalla moderatrice, avv. Gisella Scollo. Ho parlato della realtà che vive una persona che ha perso la coscienza. Nania  ha  definito il mio  intervento ideologico. Probabilmente, da politico navigato, ha capito dalle poche cose che  ho  detto (vissute sulla mia pelle ) che non ero della sua stessa opinione. Credo sia utile a tutti conoscerli e capire da quali ragioni sono dettati.

Avevo letto da poco, il libro di Beppino Englaro ed Elena Nave, “Eluana – La libertà e la vita”. Leggendolo sono rimasto profondamente colpito  dalla sensibilità e dalla sofferenza di questo padre determinato a far valere il rispetto per la propria figlia in stato vegetativo permanente da lunghi anni, un padre che ha condotto una lotta giudiziaria lunga e penosa agendo con chiarezza e alla luce del sole. Grazie a lui molti italiani hanno preso coscienza della necessità, sull’atto delicatissimo del fine vita, di una legge giusta e rispettosa della persona, degna di una Repubblica moderna e laica.

Il contrasto fra il libro di Englaro e quello di Nania è stridente: nel primo parla un padre, un cittadino rispettoso delle leggi, un laico che chiede allo Stato di essere coerente con i dettati costituzionali, un cittadino che chiede l’intervento dello Stato  per porre fine alla barbarie dello stato vegetativo permanente provocato da una medicina  troppo invasiva.

Nel secondo  libro, invece, a parlare è un giurista, un politico che vuole rispettare i dettati costituzionali ma che è prigioniero della propria storia politica e propone sul  testamento biologico una legge che sicuramente non è idonea alle esigenze dei cittadini italiani.

Il senatore Nania non accetta l’intervento dello Stato né delle strutture sanitarie pubbliche sul dove e come congedarsi dalla vita. Paragona il rifiuto all’idratazione e alla nutrizione equivalente alla rinuncia al ricovero e all’assistenza medica . A tal proposito scrive:”la persona-paziente….potrà esprimere il consenso informato accettando i sostegni vitali e restando nelle cure  del Servizio sanitario nazionale anche in caso di perdita della coscienza, oppure rifiutando i farmaci salva-vita e attendendo il decorso naturale della malattia, in assoluta autonomia e senza coinvolgere altri, nel suo domicilio e nella sua sfera giuridica privata. L’unica cosa che non si può fare è motivare , contestualmente, l’interruzione degli atti medici con il desiderio di attendere il decorso naturale della malattia, e la richiesta dell’assistenza sanitaria con l’intento di morire prima, sedati, ma di fame e di sete”.

Nania asserisce  che la   Costituzione non riconosce un diritto a morire con l’ausilio di terzi  pur non affermando un dovere di vivere. Quindi , secondo lui, il paziente può decidere se e quando morire, ma non ha il diritto di scegliere dove e come morire. In sostanza non può pretendere dalle strutture sanitarie il sostegno per morire.

Faccio osservare che, in quanto rappresentante dei cittadini, non può eludere le proprie responsabilità proponendo di lasciare soli  il malato ed il suo tutore: la terza via da lui ipotizzata  si ispira proprio ad un comportamento “pilatesco” dello Stato.

C’è anche un aspetto paradossale nel ragionamento del senatore Nania che difende la tecnica terapeutica a difesa della vita: il nostro Stato nega il ricorso alla tecnica quando si deve nascere, difende la procreazione naturale  negando di fatto la felicità a tante coppie povere  non fertili, mentre le coppie meno povere possono aggirare il divieto recandosi all’estero.

Che stranezze italiche! Che strana morale quella che ammette invece il ricorso massiccio alla tecnica quando per natura si dovrebbe morire.

Il progetto di legge sul testamento biologico dell’on. Calabro’, approvato recentemente  al Senato,  ha sancito  la privazione del diritto all’autodeterminazione, che pure è sancito dalla nostra Costituzione e dalla Convenzione di Oviedo, per i malati privi di lucida coscienza. Non a caso in questo testo si parla di dichiarazioni anticipate di fine vita, e non di direttive anticipate di fine vita. Quelle che negli altri paesi si chiamano direttive anticipate di trattamento di fine vita  sono rispettate assolutamente. Se in Italia le vogliono chiamare dichiarazioni anticipate forse è perché così si potranno eludere o ostacolare più facilmente. In una repubblica autoritaria   questo modo di procedere sarebbe normale. Spero proprio che non diventi normale anche in Italia.

I nostri padri costituenti hanno scritto una  Costituzione  rispettosissima della dignità della persona umana. Ma quando l’hanno scritta, nel 1946-1947, non immaginavano che in futuro, nelle sale di rianimazione si sarebbe potuto mantenere in ”vita” persone malate prive di coscienza tenendole “attaccate” a delle macchine per decenni. Diversamente avrebbero previsto norme chiare per evitare  la  barbarie che obbliga una persona a vegetare prigioniera del proprio corpo, come una cavia  da laboratorio.

Il d.d.l. Calabrò,  che piace (sia pure con qualche piccola modifica) al sen. Nania, invece, riflette un’insana alleanza fra fondamentalisti e medici oltranzisti della vita che, spesso, con il loro intervento, generano solo una inutile e penosa sospensione del morire e lasciano il malcapitato in un osceno limbo.

E’ una truffa, una odiosa   truffa,  come scrive, a tal proposito, Beppino Englaro:  “L’incapace di intendere e di volere perde la possibilità di rifiutare i trattamenti vitali anche se si era espresso in precedenza per il rifiuto di essi.

In questo modo si entra nel circolo della   : poiché non sono in grado di esprimersi, perdono l’occasione di poter uscire da un  circolo infernale”.

Prima di conoscere sulla pelle mia e della mia famiglia  l’orrore dello stato vegetativo, pensavo alla morte come qualche cosa di naturale, che si deve attendere ed accettare con tranquillità. Ho avuto modo di essere vicino all’epilogo della mia vita quando ho avuto un grosso infarto. Mentre mi portavano in ospedale, pensavo che, tutto sommato, mi potevo congedare serenamente dalla vita, perché lasciavo tutto a posto: una brava moglie e due figli intelligenti e assennati  in grado di badare  a  se stessi. Oggi per me  non è più così e, ne sono certo, non è più così per milioni di italiani terrorizzati al pensiero di essere”salvati” in extremis ( per esempio in una sala di rianimazione) ed essere poi costretti a vivere una vita zoologica per niente dignitosa. Se passa alla Camera il d.d.l.,così come è stato  approvato al Senato,  in Italia non sempre sarà possibile “morire in pace”.

Il Sen. Nania , in buona compagnia di parte della Chiesa e di  un  nutrito gruppo trasversale di politici, non considera la nutrizione e l’idratazione forzata una terapia medica, quale sono, ma un trattamento vitale che il paziente ormai incapace di intendere e di volere, non può rifiutare, sebbene sia sempre un cittadino e in quanto tale un titolare di diritti.

E’ sconcertante che nel nostro paese si voglia fare una legge che vieta la possibilità di rifiutare la nutrizione e l’idratazione artificiale. E’ un’orribile truffa: in tal modo una persona che non vuole vivere per anni o decenni prigioniera del proprio corpo. Per un giovane, con un’aspettativa di vita quasi uguale a quella dei coetanei, la situazione è particolarmente drammatica.

Trovo significativa la testimonianza della figlia del grande attore Nino Manfredi: «Mio padre come Eluana, è stato una vittima. Anche lui ha subito accanimento terapeutico per un lunghissimo e atroce anno di agonia. Salvato in extremis tre volte è stato rianimato, legato alle macchine per respirare, intubato con una tracheotomia, con cannule in tutto il corpo per farlo mangiare e bere a forza. Lui non avrebbe voluto questa inutile tortura ma non poteva parlare, non poteva difendersi. Abbiamo cercato di farlo noi per lui ma non è servito. Nessuno ci ha ascoltato. Per questo ci vuole una legge sul testamento biologico: perché sia rispettata la volontà della persona, perché non accada come a papà di doversi conquistare il diritto a smettere di soffrire solo dopo un anno di straziante agonia. Aspettando la morte come una liberazione». 

A proposito di nutrizione e alimentazione, voglio ricordare come si è espresso, in una intervista, Gian Domenico Borasio,  neurologo, esperto in Sla che ha la cattedra in cure palliative all’Università di Monaco di Baviera:

< Idratazione e nutrizione sono terapie mediche e non assistenza?
«L’assistenza avviene se io imbocco una persona, la terapia è se le metto il sondino. Gli esperti tedeschi di diritto e di bioetica, compresi teologi di ambo le chiese, e l’ordine dei medici sono concordi su questo punto».
In Italia alcuni schieramenti cattolici sostengono che Eluana morirà di fame e sete. Che pensa?
«Dal punto di vista neurologico è un controsenso, poiché le parti del cervello che sono necessarie per creare la sensazione soggettiva di fame e di sete non funzionano più. Ma anche come palliativi   posso assicurarle che, quando i malati muoiono senza nutrizione e idratazione, questa è una delle morti più pacifiche possibili».
Perché in Italia si fa tanta confusione?
«Una volta, la gente anziana che moriva di vecchiaia, mangiava di meno, beveva meno, si affievoliva e si spegneva in pace. Oggi sappiamo perché: una lieve disidratazione ha effetti analgesici e aumenta la produzione di endorfine. Le cure palliative possono aiutarci a riscoprire la morte naturale».
Idratare e alimentare che cosa comporta?
«L’idratazione è controindicata in fase terminale. Prima che il cuore cessi di battere, smettono di funzionare i reni. L’acqua inserita nel morente rimane nel corpo e può dar luogo a edema polmonare con sensazioni di soffocamento. La nutrizione artificiale è inutile e può essere altrettanto dannosa
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Nel  sito www.pubmedcentral.nih.gov di un istituto di ricerca clinica famoso in tutto il mondo si  legge che “ la sospensione dell’idratazione non comporta sofferenze per il paziente, ma stimola il riflesso di endorfine e composti biologici dall’effetto anestetico che favoriscono un senso di benessere del paziente” Nell’antichità molti erano i vecchi che, stanchi e malati decidevano di abbandonare la vita  rifiutando cibo  ed acqua”.

Tutto ciò non è per niente bello né poetico. Ma la realtà è questa.

Alcuni obiettano: ”Ma chi può decidere quale vita sia degna di essere vissuta e quale no?”. Replico: voi la vorreste vivere una vita così poco dignitosa? Accettereste di essere innaffiati come piante? E’ comodo fare i moralisti sulla pelle degli altri!

Concludo con la citazione di un passaggio che condivido di un terzo libro, quello del senatore Ignazio Marino, “Nelle Tue mani – Medicina,fede, etica e diritti:

In nessun altro paese al mondo si è riusciti a scrivere in una legge che l’idratazione e nutrizione artificiali non sono trattamenti sanitari, perché nessuno ha avuto l’arroganza di affermazioni così contrarie alla conoscenza scientifica. Nella maggior parte dei casi le leggi sono state scritte chiedendo aiuto alle persone che conoscono la scienza e possono essere di conforto per evitare di produrre l’obbrobrio legislativo a cui siamo arrivati. Purtroppo questa legge così dibattuta non servirà a nulla. E’ una legge ‘contro’: contro la libertà di scelta,contro i medici, contro i malati e i familiari, contro chi si confronta con la malattia, che avanza inesorabilmente, e si interroga sulla fine della vita”.