Sarah Vantorre ha seguito la tournée. 19 aprile 2012

Belgio. La storia di Giovanni fa il pieno in 5 università

“Avevo sottovalutato l’interesse dei miei connazionali per questa drammatica vicenda siciliana”, spiega Sarah Vantorre, la ricercatrice belga che ha promosso e seguito il tour dell’ ”inchiesta drammaturgia sul caso Spampinato”, rappresentata in forma di recital in cinque atenei del Belgio e all’Istituto di Ciltura di Bruxelles da Danilo Schininà e Giovanni Arezzo. Sarah riferisce le impressioni del pubblico e le confronta con le sue aspettative. (nella foto: Giovanni Arezzo e Danilo Schininà)

attoridi Sarah Vantorre – Anversa, 19 Aprile 2012 – “Abbiamo appena concluso il tour in Belgio. Oggi c’è stata l’ultima replica ad Anversa. Sono stupita, sconvolta, dall’interesse che questa vicenda ha riscontrato in Belgio, in un popolo, in una cultura così lontana da quella italiana. Così lontana…dalla cultura siciliana. È assurdo che in Belgio l’attenzione nei confronti di situazioni ‘scomode’, soggette al ben praticato ‘insabbiamento’, a vicende legate al nostro paese, alla nostra società, al nostro modo di essere italiani, sia quasi maggiore e migliore dell’attenzione che noi stessi italiani vi dedichiamo. Noi che dovremmo essere i diretti interessati. Noi che siamo così vicini a quei fatti. Noi che siamo italiani, siciliani”. Queste parole di Fabiana Leggio chiudono il ‘piccolo quaderno rosso delle impressioni’ che ho fatto girare fra gli spettatori dopo le otto rappresentazioni dell’Drammaturgica sul Caso Spampinato che ci sono state, dal 22 al 30 marzo scorso, in Belgio. Fabiana è stata la ragazza siciliana con la quale ho formato la metà femminile della nostra ‘troupe’.

Quella sera, quel venerdì 30 marzo ad Anversa, dopo lo spettacolo, eravamo tutti distrutti dalla stanchezza, ma tardavamo ad andarcene. Siamo rimasti a lungo nel bar del piccolo teatro. Ci spiaceva che si fosse conclusa un’esperienza tanto impegnativa quanto bella. Ci sembrava difficile chiuderla definitivamente. Guardavo il quaderno con le impressioni del pubblico e pensavo a come mettere per iscritto in poche righe tutte le mie impressioni sulla tournée, sui dieci mesi di preparativi, su tante esperienze nuove. Guardavo Fabiana ed ero molto curiosa di sapere che cosa stesse scrivendo con tanta concentrazione sul quaderno rosso. Quando poi ho letto le sue parole, sono rimasta, a mia volta, sorpresa, piacevolmente: io non avevo mai dato tanto credito alla sensibilità dei miei connazionali, anzi.

E’ stata una bella avventura. E’ cominciata l’estate scorsa, all’inizio del mio soggiorno in Sicilia, quando ho cercato contatti con esponenti del movimento antimafia. Mi stupì scoprire che tanti giovani siciliani si ritrovano nelle iniziative di lotta contro il sistema della criminalità organizzata italiana.

A Ragusa ho conosciuto varie persone che si interessavano molto al Spampinato e che si sono entusiasmate all’idea che la storia di Giovanni Spampinato avrebbe potuto varcare i confini nazionali e andare all’estero. Ero invidiosa dell’impegno di cui davano prova quei ragazzi, in quella realtà socio-politica da noi belgi così sottovalutata e romanzata, raccontata poco e solo superficialmente dai nostri media. Avevo l’impressione che pochi belgi sarebbero stati interessati a conoscere fino in fondo quella realtà che molti considerano indecorosa. Di solito si limitano a spedire cartoline illustrate da quei luoghi perché sono le loro destinazioni di vacanza preferite.

Ha vinto la fiducia incondizionata di molti belgi nella bellezza della lingua e della cultura Italiana. Alla fine, proprio questo ci ha aiutato a diffondere la storia di Giovanni Spampinato. Ci rendevamo perfettamente conto che ad essere attratti dalla rappresentazione della storia di Giovanni sarebbero stati soprattutto alcuni siciliani emigrati e con loro sarebbero venuti i nostri amici e parenti belgi da noi mobilitati. E tutti gli altri? Forse non avrebbero neppure sospettato che quella storia avrebbe potuto aiutarli a sfatare l’illusione, il luogo comune che l’Italia sia sempre e soltanto quella della “Dolce Vita”. Insomma, più o meno sapevamo quale pubblico avremmo avuto nelle varie tappe della tournée. Rimaneva solo un’incognita: la reazione del pubblico.

proiezioneLa prima rappresentazione è stata ospitata nella ‘sala polivalente’ del Collegio dei Gesuiti San Francesco Saverio. E’ la vecchia scuola superiore che ho frequentato. E’ la scuola in cui un anno fa ho insegnato Inglese. C’era il pienone. C’erano centoventi diciottenni e i loro insegnanti. I ragazzi erano agitati ed io sapevo perché: due giorni dopo dovevano partire per il “gran tour” in Italia. Questo viaggio è una tradizione da oltre settant’anni. E’ un viaggio simbolico perché gli studenti lo fanno prima degli esami finali, prima del grande passo verso la vita adulta, prima di affrontare le grandi scelte e le responsabilità. Quei ragazzi si stavano preparando al viaggio da mesi. Quel pubblico di allievi si è dimostrato attentissimo. Ha seguito per più di un’ora, anche se l’argomento era pesante e per di più la rappresentazione era in italiano, lingua a loro completamente sconosciuta. Tuttavia, a giudicare dalle domande e dai commenti durante la discussione che ha fatto seguito allo spettacolo, i ragazzi avevano compreso benissimo il nocciolo della storia.

Quando abbiamo detto che dal primo gennaio 2012 in Italia erano stati minacciati novantadue giornalisti, ci hanno guardato allarmati. A loro è sembrato assurdo che quarant’anni dopo la morte di Giovanni, l’Italia e gli italiani non abbiano ancora imparato la lezione. Poi mi sono accorta che il conto dei minacciati non era aggiornato. Quando sono uscita dalla scuola, ho ricevuto una newsletter di per l’Informazione: il contatore dei giornalisti minacciati era salito a novantasei.

Anche gli incontri con gli studenti delle Università di Mons e Anversa sono stati molto interessanti. Non sembravano assolutamente seccati dall’essere stati di fatto ‘obbligati’ a vedere lo spettacolo e perfino a studiare a fondo la storia di Giovanni e dei suoi colleghi contemporanei. Il pubblico di Mons e Anversa è risultato il più interessato e indignato di tutta la tournée: ecco la prova vivente della forza dell’informazione.

Uno studente dell’Università di Mons ha scritto nel Quaderno Rosso: “Un pensiero per una grande persona, Giovanni Spampinato, che credeva fortemente nel suo mestiere. Oggi ci vorrebbero molti più giornalisti con quest’etica professionale, affinché le informazioni siano più trasparenti.”

Oltre ai ragazzi del collegio e agli studenti universitari, alle rappresentazioni hanno partecipato molti spettatori esterni, persone che hanno deciso da sé di assistere allo spettacolo. Giovedì mattina un importante quotidiano fiammingo, De Standaard, ha dedicato una pagina intera alla presentazione della nostra tournée. Leggendo mi sono chiesta: quanti tra i 109.000 lettori soffermeranno lo sguardo sull’articolo? Quanti di loro lo leggeranno fino alla fine? Quanti di loro verranno?

La risposta è stata che gli spettatori ‘spontanei’ sono stati un bel numero. Ha partecipato un mix molto interessante ed interessato di giornalisti e storici, di italiani e di amanti della cultura italiana, di studenti e cari amici, di professori d’italiano e cultori di teatro. Naturalmente ognuno è stato attratto dallo spettacolo a modo suo. Ma tutti, si può dire, sono apparsi animati da un atteggiamento aperto verso la cultura e verso la società italiana. Questo spirito è stato determinante per la riuscita di questa tournée.

diarioNumerosi spettatori mi hanno raccontato di essere rimasti incollati alla sedia e catturati dalla rappresentazione dall’inizio alla fine, e questo nonostante quella quantità di informazioni dettagliate che veniva riversata su di loro, e nonostante quella messinscena estremamente semplice, veramente ridotta all’osso. La sobrietà della messinscena ha lasciato tutto lo spazio alla nuda informazione, al contenuto, che è divenuto protagonista dello spettacolo, escludendo e banalizzando ogni finzione, ogni forma di spettacolarizzazione.

Per gli spettatori, l’Inchiesta Drammaturgica sul Caso Spampinato è stata come una doccia fredda rispetto all’immagine romanzata e spettacolarizzata dei film a sfondo mafioso. Ha fatto impressione che a rappresentare la storia sulla scena fossero due attori di Ragusa, cioè della città di Giovanni, due giovani uomini pressappoco dell’età che aveva allora Giovanni: due giovani siciliani impegnati a fare maggior luce su uno delle pagine più buie della storia sociale della loro terra, della loro isola, del loro paese.

Ogni spettatore, avendo visto, sentito, letto questo capitolo di storia raccontato schiettamente, senza l’aggiunta di giudizi di parte, di rimproveri o di smaccati giudizi morali, ha avuto l’opportunità di formarsi il suo giudizio, di trovare da solo ciò che più lo tocca, ciò che lo convince e incuriosisce. Ne sono convinta. Penso che adesso alcuni di questi spettatori continueranno a vedere con altrettanto piacere i film di mafia all’americana, qualcun altro invece, mentre fa colazione in un agriturismo siciliano, penserà a Giovanni Spampinato. Qualcun’altro leggerà dall’inizio alla fine gli articoli che parlano dei problemi d’informazione. Qualcuno continuerà ad informarsi e, chissà, magari sceglierà il giornalismo come mestiere, o avvierà una ricerca per esaminare a fondo il lato culturale del movimento antimafia. E’ giusto che sia così. Com’è giusto lasciare ognuno libero di informarsi e di informare.

Infine, sono contenta di ammettere che ho avuto torto nel sottovalutare l’interesse e il coinvolgimento dei miei connazionali per il Caso Spampinato. Come diceva Danilo Dolci, “non è vero che la gente non capisce, che non possa capire”. Però va informata… e qui, abbiamo visto, che è possibile, ma c’è ancora molto da fare.  

Sarah Vantorre

L’AUTORE DI QUESTO ARTICOLO – Dopo uno stage presso l’associazione culturale di Ragusa, teAtroAmArgine, Sarah Vantorre (°1988) ha iniziato una ricerca di dottorato in lettere presso l’Università di Anversa, sulla letteratura contemporanea in memoria dei giornalisti uccisi dalle mafie e dal terrorismo e la forza incisiva della letteratura sulla lotta contro la criminalità organizzata in Italia.