La vita di Giovanni

Giovanni Spampinato (Ragusa, 6 novembre 1946 – 27 ottobre 1972) è stato un giornalista italiano. Il suo nome e’ compreso nella lista delle vittime della mafia che viene letta nelle piazze ogni 21 marzo per iniziativa dell’Associazione Libera. Nel 2007 gli e’ stato assegnato il Premio Saint-Vincent di Giornalismo alla memoria, con una motivazione che definisce la sua storia rappresentativa di quella di tutti i giornalisti italiani uccisi a causa del loro lavoro. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo ha ricordato affermando che “ha onorato la professione giornalistica e i valori di verità, legalità e giustizia”. In suo nome e’ stato fondato nel 2007 l’osservatorio sui giornalisti minacciati in Italia “Ossigeno per l’informazione”, promosso dalla FNSI e dall’Ordine dei Giornalisti.

Corrispondente da Ragusa de L’Ora di Palermo e de l’Unità dal 1969 al 1972, Giovanni Spampinato, fu ucciso una settimana prima che compisse 26 anni. Era uno studente universitario iscritto alla Facoltà di Lettere dell’Università di Catania. Era indietro con gli esami da quand, nel 1969, era stato arruolato sul campo dall’inviato dell’Ora Alberto Scandone. Era un precario pagato ad articolo. Il tesserino di pubblicista gli fu rilasciato dall’Ordine dei Giornalisti dopo la morte. Si era formato alla scuola dell’Ora negli anni in cui era direttore Vittorio Nisticò. Si era affermato con un’ampia e approfondita inchiesta a puntate sul neofascismo in Sicilia, pubblicata con grande rileivo dal quotidiano di Palermo. Il giovane cronista aveva documentato le attività clandestine delle organizzazioni di estrema destra locale ed i loro rapporti con la criminalità locale e organizzata che nel Sud-Est della Sicilia controllava i traffici illeciti di opere d’arte, armi, sigarette e droga. Aveva inoltre documentato le relazioni di quella destra locale con alcuni esponenti di primo piano del fascismo eversivo nazionale e internazionale, fautori di quella strategia della tensione che già nel ’69 a Milano aveva provocato la strage di piazza Fontana. Le sue inchieste erano state condotte con un lavoro sul campo, con l’ausilio di numerosi fonti non ufficiali e in collaborazione con l’equipe di giornalisti ed avvocati che nell’estate del 1970 pubblico’ il libro-inchiesta “La strage di Stato”.

Giovanni Spampinato fu ucciso a Ragusa la notte del 27 ottobre 1979, a bordo della sua Fiat Cinquecento, mentre era alla guida. Fu raggiunto da sei proiettili esplose a bruciapelo da due pistole impugnate dal passeggero che sedeva accanto a lui: Roberto Campria, 30 anni, figlio del presidente del Tribunale di Ragusa, che aveva chiesto di incontrarlo urgentemente con la promessa di fare importanti rivelazioni. Campria era uno dei maggiori indiziati di un altro omicidio, quello dell’ingegnere Angelo Tumino, commerciante di antiquariato e oggetti d’arte, ucciso a Ragusa sei mesi prima, il 25 febbraio 1972 in modo misterioso da ignoti sicari con un colpo di pistola in fronte ed abbadonato su un sentiero di campagna.

Subito dopo quell’assassinio Giovanni Spampinato rivelò in articoli pubblicati dall’Ora e da l’Unita’ che Campria, una delle persone più vicine a Tumino, era coinvolto nelle indagini ed era stato interrogato. Quindi una pista portava dentro il Palazzo di Giustizia. Che il figlio del giudice era stato interrogato subito dopo la scoperta del corpo senza vita dell’ingegnere lo sapevano tutti i corrispondenti, ma Spampinato fu l’unico giornalista a rivelarlo. La circostanza era vera. Ciononostante dopo la pubblicazione della notizia Campria aveva querelato il cronista accusandolo di diffamazione a mezzo stampa, in modo pretestuoso e con palese scopo intimidatorio.

A quell’epoca questi processi si celebravano per direttissima. Il processo fu celebrato quaranta giorni dopo a Palermo. Campria non si presento’ e la querela fu lasciata decadere. Superato quell’ostacolo, Giovanni Spampinato aveva continuato a seguire il caso Tumino pubblicando alcuni articoli su L’Ora sviluppando indagini personali e avvalendosi del racconto di testimoni e familiari dell’ingegnere ucciso. In alcuni articoli aveva chiesto apertamente come mai, secondo logica e procedura, l’inchiesta penale che coinvolgeva un familiare di un magistrato del luogo non fosse affidata ai giudici di un’altra città per legittima suspicione.

Inspiegabilmente l’inchiesta non fu trasferita neppure dopo queste legittime sollecitazioni, anzi il giovane cronista fu criticato per averlo chiesto e perché i suoi articoli tenevano sotto osservazione un personaggio altolocato che altri consideravano un intoccabile. Queste critiche isolarono Giovanni Spampinato nel da alcuni corrispondenti locali.

Il 3 agosto 1972 Giovanni Spampinato concesse al sospettato un’ampia replica pubblicando una intervista con dichiarazioni auto-assolutorie e commento’ pacatamente che probabilmente egli non c’entrava davvero con il delitto Tumino. Ma Campria non si ritenne soddisfatto. Cominciò ad assillare il cronista chiedendogli una più aperta attestazione circa la sua estraneità all’omicidio e promettendogli clamorose rivelazioni su macchinazioni all’interno del Palazzo di Giustizia, ordite contro di lui per colpire il padre magistrato.

L’attenzione giornalistica per l’inchiesta giudiziaria sull’assassinio dell’ingenere scemò dopo l’assassinio di Spampinato.L’inchiesta penale è stata condotta a carico di ignoti e, dopo oltre trent’anni, è stata archiviata. Ancora oggi non si conoscono esecutori, mandanti e movente del delitto Tumino.

Tumino era un esponente di destra. Era stato consigliere comunale del MSI. Fu assassinato proprio nei giorni in cui Giovanni Spampinato, con la sua inchiesta sul neofascismo, rivelava la presenza a Ragusa del “bombardiere nero” Stefano Delle Chiaie (all’epoca ricercato per le bombe del 12 dicembre 1969 all’Altare della Patria) e di altri noti fascisti romani legati a Junio Valerio Borghese, che nel dicembre del 1970 aveva tentato un colpo di stato per il quale aveva cercato di arruolare anche la mafia, come si seppe molti anni dopo. Uno di quei personaggi, Vittorio Quintavalle, fu interrogato dagli inquirenti che seguivano le indagini sul delitto e questa circostanza rrafforzò nella mente del cronista l’impressione che l’omicidio Tumino potesse essere collegato alle trame eversive che stava documentando. Tanto più che i contatti fra Campria e Tumino e fra questi e i trafficanti di estrema destra erano frequenti. Giovanni Spampinato fu ucciso prima di poterlo dimostrare.

Il suo assassino Roberto Campria si costituì subito dopo il delitto, dichiarando che aveva reagito a una insopportabile provocazione. Il processo in Corte d’Assise fu celebrato a Siracusa nel 1975. Campria fu condannato a 21 anni di reclusione. La sentenza fu ridotta a14 anni dalla Corte d’Appello di Catania, che concesse all’imputato l’attenuante della provocazione, equiparando ad attività provocatoria gli articoli di cronaca di Spampinato. Campria sconto’ la pena nella casa penale di Barcellona Pozzo di Gotto e tornò libero dopo otto anni.