Giovanni Spampinato. Lettera datata Ragusa, 19 maggio1970

“Dopo la mia candidatura il gruppo Dialogo è entrato in crisi”

Indirizzata all’amico e confidente Giovanni che vive a Roma

Carissimo Giovanni,

sarà questa la quinta o sesta volta che provo a scriverti. Anzi, ho qui davanti una lettera del 13 per te, completa. Ma non mi piaceva, e non l’ho spedita. Non è però escluso che la alleghi alla presente, perché ci sono alcune cose che ritengo interessanti. La presente sarà però in sé conclusiva: scusa quindi le ripetizioni.

1) Sono candidato alle provinciali (ind. di sin. nella lista del Pci). Sono candidato “da eleggere” per Ragusa e città.

2) Questo fatto ha portato alla esplosione di una crisi acutissima nel gruppo “Dialogo”. Dico meglio: il fatto è stato sfruttato da una minoranza per provocare l’espulsione mia e di qualcun altro (Pippo Tumino è candidato alle comunali ): cominciavamo a dare fastidio per le nostre posizioni troppo a sinistra. Da qui all’accusa di strumentalizzazione poco ne corre. E questo si è cercato di sostenere, che noi portavamo acqua al mulino del Pci.

3) ma la crisi del gruppo ha radici più profonde, e se, strumentalmente, si è voluto ricorrere a metodi ed argomentazioni da caccia alle streghe, la verità è che il gruppo ha delle contraddizioni interne che, oggi, ritengo insanabili. In pratica, esiste una spaccatura profondissima fra una “sinistra”, che sostiene la necessità di un concreto lavoro di base (confronto continuo con la realtà, con le categorie più sfruttate, lavoro con la base, verifica delle istituzioni (partiti, sindacati, amministrazione locali, ecc.), un “centro”, di matrice cattolica, che accetta sì in linea di principio il lavoro di classe, e che, dichiarandosi rivoluzionario, vede questa “rivoluzione” come presa di coscienza “da parte di tutti”. C’è poi una consistente “palude”, formata da fannulloni costituzionali, che ideologizzano il loro farniente e accusano quelli che lavorano (guarda caso, è poi la “sinistra” che lavora!), perché “strumentalizza” il gruppo.

4) Insomma, al di là del fenomeno contingente ragusano, questa mi sembra una crisi più profonda, dello spontaneismo in quanto tale. Nel momento in cui ho sbattuto la testa con la realtà più concretamente che per il passato, e ho dovuto prendere delle posizioni, mi sono accorto che occorre una organizzazione che permetta uno sbocco al tuo lavoro.

5) Lo studio di Lenin, contemporaneo allo svolgersi di questa crisi del gruppo, mi ha permesso una più corretta interpretazione del fenomeno, e mi ha nello stesso tempo spinto a rivalutare il partito.

6) questo processo di maturazione non è stato solo individuale, ma dell’interno “gruppo di studio” (ritornato alle ridotte dimensioni del suo nucleo originario: io, Pippo e Franco). Ma le nostre idee le facciamo circolare, e altri tre quattro giovani sono vicini a noi.

7) In una prospettiva non lontana vediamo possibile un nostro inserimento nel partito. Potremo entrare in cinque-sei, e molto probabilmente in numero maggiore. La situazione locale è tale da permettere un lavoro politico serio.

Come vedi, ho cambiato di molto le mie posizioni. C’è un lavoro immenso da fare, e ci vuole pazienza e convinzione. Ogni tanto mi sento stanco, spossato.

Non si tratta di impazienza, o del desiderio di risultati immediati. Forse si tratta soprattutto di problemi personali, di insoddisfazioni, della mancanza di evasioni. Forse è anche la naturale reazione a periodi di lavoro troppo intenso. Ora sto attraversando uno di questi momenti. Ma non mi posso permettere debolezze. Sono stanco, stanco, stanco.

Adesso ti lascio

Ciao

Giovanni Spampinato

CAT