Giovanni Spampinato. L'Ora, 8 settembre 1972

Ragusa: Sequestri a ripetizione dei prodotti degli affittuari

RAGUSA, 8 set – La sezione speciale agraria del Tribunale di Ragusa ha ordinato, accogliendo le richieste di due proprietari di fondi rustici condotti ad affitto, il sequestro conservativo delle carrubbe prodotte nei fondi stessi.

Il raccolto è stato effettuato da braccianti, sotto la sorveglianza dei proprietari. Gli agrari hanno preteso che fosse fatto valere una sorta di privilegio feudale sui prodotti del “soprasuolo”; privilegio che era stato ritenuto ingiustificato dalla legge di riforma dell’affitto dei fondi rustici che assegnava all’affittuario i prodotti delle coltivazioni arboree.

Due articoli della De Marzi-Cipolla (così è nota la legge dal nome dei due presentatori, il primo democristiano, l’altro comunista, quelli riguardanti il metodo di determinazione del canone, sono stati recentemente dichiarati incostituzionali dalla Corte Costituzionale con una sentenza emessa il 28 luglio scorso. Ma la validità dell’intera legge è stata prorogata al 30 novembre prossimo. Per cui appare quanto meno affrettata la decisione di sequestro.

Provvedimenti simili sono stati presi da magistrati di Modica e di Ispica. A Modica il Presidente di quel Tribunale ha ordinato, per motivi cautelativi, il sequestro di un appezzamento di terra di proprietà di un affittuario. Il padrone del fondo in affitto considerava troppo esiguo il canone pagatogli in base alla nuova legge. A Ispica il vice Pretore ha ordinato due sequestri di carrubbe per motivi identici a quelli di Ragusa. Interessante quest’ultimo caso di Ispica. Il magistrato titolare di quella Pretura si conquistò tempo fa una fama a livello nazionale per avere sostenuto la incostituzionalità della legge De Marzi-Cipolla: nella sentenza di rinvio alla Corte Costituzionale le citazioni latine e i riferimenti giurisprudenziali si sprecavano.

Il compito di sostenere presso la Corte Costituzionale le ragioni degli agrari e di chiedere che a essi venisse permesso di continuare a sfruttare senza impedimento di sorta il lavoro dei loro affittuari fu assunto dall’avv. Beniamino Scucces, candidato al Senato per il MSI.

Ora, sintomaticamente, uno dei due affittuari che sono stati presi di mira dal provvedimento di sequestro è proprio il coltivatore diretto che fu parte in causa nel giudizio in cui il dottor Ignazio Santangelo, Pretore di Ispica, rinviò la legge alla Corte Costituzionale. In quella occasione sorprese non poco la disinvoltura con cui il magistrato si sentì in diritto di decidere su una materia che sembra non fosse di sua diretta competenza, ma della sezione speciale agraria. Ma oggi sorprende ancor di più la disponibilità della magistratura ad accogliere richieste degli agrari che fino a oggi essa si era mostrata riluttante a prendere in considerazione.

Certo in questa nuova determinazione influisce in misura decisiva il clima politico di restaurazione del governo Andreotti. La stessa decisione della Corte Costituzionale in merito alla legge dell’affitto è un esempio di questo mutato clima. A nessuno è sfuggito il carattere squisitamente “politico” di una sentenza che doveva apparire solo come tecnica. La decisione della Corte Costituzionale è stata accolta con amarezza dagli affittuari che per la legge di riforma hanno condotto le prime vere lotte di categoria della loro storia, comprendendo per la prima volta che altri erano i loro interessi, altri quelli degli agrari, ai quali interessava solo sfruttarli.

Impossibile quindi continuare nei rapporti di paternalismo da una parte e di sottomissione timorosa dall’altra: nella lotta per la riforma dell’affitto, che è durata a lungo e a Ragusa ha avuto momenti esaltanti, gli affittuari hanno riscoperto la loro dignità e la forza che deriva loro dall’essere uniti. Quando ancora la sentenza di incostituzionalità non era stata emessa, abbiamo parlato con molti affittuari, giovani e meno giovani. Tutti si sono dichiarati soddisfatti della nuova legge, qualcuno proponeva miglioramenti, tutti dicevano che era solo il primo passo, che molta strada restava da compiere. Un anziano affittuario diceva: “Troppo abbiamo sopportato, troppe sono state le ingiustizie, ora si comincia a riparare. Ma è solo una goccia in un mare senza fondo. Bisogna pensare alle trasformazioni, alle irrigazioni, alle strade, all’energia elettrica, alle stalle. Non è vero che ci arricchiamo con quello che risparmiamo sui canoni. Viviamo più dignitosamente, questo è vero. Ma quella di prima era forse una vita degna di persone civili? E ancora oggi, sono forse queste case in cui si può abitare?”.

A tutti chiedevamo per concludere: “E se la legge venisse revocata?”.

I più anziani scuotevano la testa, sorridevano increduli: “Certo sarebbe male. Noi resteremmo, perché è il nostro destino, perché non sappiamo fare altro, perché dobbiamo morire sulla terra. Ma i giovani…”.

I giovani erano meno increduli, sapevano che era possibile che i padroni riuscissero nel loro intento ricorrendo alla Corte Costituzionale, visti vani i tentativi di imporre una controriforma in Parlamento.

Certo – dicevano – per noi significa la fine, significa dovere abbandonare la campagna, emigrare. Come prima non ci torniamo”. Ora però la volontà di lottare e più viva che mai. La battaglia non è finita, gli affittuari sono decisi a condurla fino in fondo.

I proprietari lo hanno capito, e si mostrano piuttosto moderati. Le iniziative di aperta rappresaglia contro gli affittuari sono limitate, e la rivalsa è affidata il più delle volte ai Tribunali. Ma le cause intentate sono velenose.

CAT