Franco Nicastro. L'Ora, 27 novembre 1972

Campria coinvolge nello scandalo anche i magistrati di Ragusa

Gravi accuse contro i colleghi: si parla di indagini insabbiate, mandati di cattura revocati “per riguardo”. Il presidente è sotto inchiesta.

RAGUSA, 27 nov 1972 – Un mandato di cattura per l’omicidio Tumino era stato già disposto per Roberto Campria ed altre quattro persone, ma il provvedimento è stato poi ritirato per un riguardo al presidente del tribunale, padre di quello che poi doveva diventare l’assassino di Giovanni Spampinato. La grave rivelazione è contenuta in uno dei due documenti presentati dall’alto magistrato sotto forma di “memoriale” al consiglio superiore della magistratura il cui contenuto è al centro della campagna difensiva scatenata dal presidente stesso con il sostegno del giornale scelbiano di Catania.

Campria è sotto inchiesta per il modo come ha retto finora il suo ufficio, ma le accuse che lancia contro i suoi colleghi coinvolgono in un grave scandalo tutta la magistratura ragusana.

Lettere anonime, corruzione e “congiure”, indagini insabbiate, concorsi truccati, un’inchiesta della magistratura superiore e chi più ne ha più ne metta. Insomma le manovre del dr. Campria cominciano a travolgere lui e tutto l’ambiente giudiziario di Ragusa.

I fatti sono noti. Nel tentativo di intorbidare le acque sulle responsabilità dirette e indirette dell’uccisione del nostro collega, il presidente del tribunale ha iniziato una campagna diversiva ma che rivela una serie di incredibili retroscena. L’alto magistrato, che solo ora si è deciso a chiedere il trasferimento di cui si sta occupando in questi giorni il Consiglio superiore della magistratura, ha fatto sapere di avere presentato qualche tempo addietro i due esposti in cui si parla di “congiura” nei suoi confronti, arrivando a sostenere perfino che tutti i sospetti appuntati sul figlio Roberto in relazione al delitto Tumino erano in realtà “la canna di un fucile puntata” contro di lui.

Una campagna denigratoria sarebbe stata addirittura organizzata contro la sua persona e la sua stessa famiglia dai colleghi d’ufficio e da “un magistrato della Corte di Caltanissetta” (il riferimento ad un giudice ragusano è però fin troppo chiaro) il quale avrebbe diretto questa battaglia perché “si ritiene sicuro di riuscire ad essere destinato quale presidente del tribunale di Ragusa” quando Campria sarà finalmente cacciato.

La prova di questa “congiura” è addirittura una lettera anonima, e bisogna subito dire, indipendentemente dall’attendibilità o meno di queste “rivelazioni”, che poiché i fatti hanno una loro estrema gravità, il “canto del cigno” del presidente travolge lui e tutta la Magistratura ragusana in uno scandalo senza limiti.

Una delle accuse che occupano gran parte del “memoriale” di Campria riguarda certe ostilità dimostrate nei suoi riguarda dall’ambiente: menzogne, malignità, ingiurie.

La questione ha un suo risvolto. Giungendo a Ragusa, il dottor Campria trovò subito modo di far montare critiche abbastanza pesanti per il modo con cui iniziò il suo lavoro e per i compromessi stabiliti con certe personalità politiche per trovare un posto al figlio Roberto.

Le accuse provenivano direttamente dal consiglio dell’Ordine degli avvocati che per protesta contro il suo operato e sollecitando la moralizzazione della vita pubblica del presidente, si dimise ed inoltrò una documentata denuncia al Consiglio superiore della magistratura.

L’inchiesta che ne seguì accertò fatti abbastanza gravi, che erano alla base del clamoroso gesto degli avvocati e mise in luce i compromessi che il dottor Campria aveva stabilito con l’ambiente (negli atti trovano larga citazione anche i nomi di certe personalità politiche e religiose).

I risultati di questa inchiesta confermarono anche che per il concorso alla Provincia al quale partecipò il figlio Roberto furono commesse delle scorrettezze nei riguardi degli altri concorrenti fatti ritirare con sottili pressioni. Rimasto solo, Campria-figlio vinse quindi il concorso e venne destinato all’ufficio di Igiene mentale retto dal prof. Pisana.

Successivamente un intervento fortemente critico, che andò a finire anche al Ministero di Grazia e Giustizia, venne pronunciato contro il presidente del tribunale da un avvocato ragusano mentre nell’ambiente giudiziario il dottor Campria dava modo di distinguersi per la sua litigiosità, che lo portava ad avere scontri aperti con i colleghi (sono noti a tutti i rapporti tesi avuti con il procuratore della Repubblica) e per il suo autoritarismo.

Era negato, secondo il giudizio dato da alcuni avvocati, ai rapporti sociali e vedeva dappertutto tentativi di “congiure”, di cui ora parla nel suo memoriale.

A dimostrazione dell’isolamento in cui si era cacciato, basta citare due fatti significativi che lo hanno visto come protagonista di recente. Si tratta di due vicende giudiziarie promosse dalla sua famiglia contro un inquilino che aveva “imbrattato i panni stesi sul balcone” (aveva fatto cadere dell’acqua innaffiando dei fiori: il processo si tenne a Caltanissetta ed il “responsabili” venne assolto) e contro la fidanzata di Roberto, quando questa decise di rompere la relazione, quando questa decise di rompere la relazione, per “appropriazione indebita” di una rivista (anche in questo caso gli andò male perché la ragazza venne prosciolta in istruttoria).

Certe ostilità, quindi, a parte le gravi compromissioni rilevate dall’inchiesta a cui venne sottoposto dalla magistratura superiore, il dottor Campria se le andava cercando e probabilmente anche le “congiure” sono frutto delle sue manie di persecuzione.

A questo proposito, proprio per il contesto in cui va collocato alla luce di questa grave accusa contro i colleghi magistrati, non può passare sotto silenzio l’altra sortita del giudice istruttore Ventura (che conduce l’istruttoria sul caso Tumino) il quale ha rotto il segreto istruttorio per annunciare, quando l’inchiesta non è ancora conclusa,anzi è nota l’intenzione del sostituto procuratore generale della Repubblica di Catania, dottor Auletta, di unificare questo processo e quello per l’uccisione di Giovanni Spampinato, che “non hanno trovato alcuna conferma nei fatti” i sospetti sul giovane assassino del nostro collega per il giallo di contrada “Ciarberi”. Allora dove sta la verità: Campria era innocente, come dice Ventura, o era colpevole come dimostrerebbe il mandato di cattura revocato per un riguardo al padre?

Campria si lamenta anche che una istruttoria tutt’altro che sollecita ha originato due tragedie: quella di Spampinato e l’altra, morale, del figlio assassino. E’ vero e di questo la magistratura ragusana dovrà rendere conto oltre che spiegare l’insabbiamento del rapporto dei carabinieri sulla posizione dal giovane nell’ambito delle indagini sul delitto Tumino. Ma, d’altra parte, anche il presidente non ha fatto nulla per evitare questo dal momento che ha preferito, quando tutti ne chiedevano il trasferimento, rimanere a Ragusa.

Ecco perché, per responsabilità sua e dei suoi colleghi, l’inchiesta su quel caso non ha avuto non solo un corso sollecito ma anche gli sviluppi che doveva avere.

Sia il presidente quanto tutta la magistratura ragusana, dopo questa serie di accuse e contraccuse, stanno dando uno spettacolo davvero deprimente. Un grave scandalo li sta travolgendo. F.N.