Convegno: L’Ora di Vittorio Nisticò (1955-1975) – Palermo 1 marzo 2010

Lunedì 1 marzo una giornata di studi a Palermo promossa da:

 • Istituto Gramsci siciliano

• Ordine dei giornalisti di Sicilia

• Università degli Studi di Palermo

• Biblioteca centrale della Regione siciliana.

Dalle ore 9.30 alle 19:00 a Palazzo Steri, Sala Magna, Piazza Marina 61

Un piccolo grande giornale. Una fabbrica di notizie. E una voce civile, in una Sicilia segnata dalle profonde ingiustizie di una modernità incompiuta e distorta e dai generosi tentativi di cambiamento. Un laboratorio di idee, inquieto, autonomo, spregiudicato, irriverente. E un ponte, tra diverse concezioni della politica, della cultura e dell’economia. Nel ricostruire la vicenda storica de “L’Ora”, soprattutto nella stagione della sua direzione da parte di Vittorio Nisticò, tra la metà degli anni Cinquanta e la metà degli anni Settanta, è proprio questa, forse, l’immagine più pertinente che si addice a quel quotidiano: il ponte. Luogo di frontiera. E di passaggio. Un segno ben evidente della sua storia, un simbolo della sua attualità.  

Nato all’inizio del Novecento per iniziativa di una famiglia di imprenditori di ampie vedute, i Florio, e passato di mano ad altri imprenditori, i Pecoraino, ancorati alle idee liberali (erano tra gli editori de “Il Mondo” di Giovanni Amendola) e a un meridionalismo aperto e riformatore, anche dopo il passaggio a una società editrice vicina al Pci, “L’Ora” ha sempre conservato, lungo tutta la sua vita, le caratteristiche di un quotidiano sensibile ai fermenti di novità e ai tentativi di trasformazione dei vecchi equilibri. Forte di una identità di sinistra, criticamente aggiornata. Ma non settario. Difensore dell’Autonomia siciliana come strumento di libertà e di progresso, ma mai “sicilianista” e piagnone. Strettamente legato alle questioni della crescita sociale e civile di Palermo e dell’Isola, ma non provinciale, sempre attento, semmai, a quanto di nuovo maturava in Italia e nel resto del mondo. Un giornale di respiro nazionale, insomma, impegnato a dare ai fatti locali il rilievo delle grandi battaglie di rinnovamento e a inscrivere le cronache e i commenti politici degli avvenimenti siciliani nella cornice ampia del riformismo e della democrazia.

Dunque, per i suoi lettori, soprattutto negli anni della direzione di Nisticò e ancora nel lungo periodo in cui la gestione editoriale è stata assunta da una cooperativa dei suoi giornalisti, di cui Nisticò era presidente,  “L’Ora” è stato un punto di riferimento del cambiamento.  

Le battaglie contro la mafia che ne hanno connotato la storia si inscrivono in questo percorso. “La mafia dà pane e morte”, era il titolo dell’inchiesta che, nel 1958, svelava per la prima volta con compiutezza di dati, di fatti e di analisi approfondite, l’intreccio di poteri e interessi tra Cosa Nostra, ambienti della politica e della pubblica amministrazione e settori dell’economia, destando l’attenzione anche della grande opinione pubblica nazionale. Da allora, quell’impegno non era mai venuto meno. La mafia era un freno per lo sviluppo. L’antimafia, una battaglia di libertà, di crescita, di dignità. Da condurre non con denunce astratte e predicazioni moraliste, ma con la concretezza della cronaca documentata, dell’inchiesta sui fatti, del commento puntuale. E con una strategia del confronto, per aggregare, appunto nella stessa battaglia antimafia, tutte quelle forze politiche, economiche e culturali sensibili al futuro di una Sicilia moderna. Se la mafia era il deserto della legalità e della civiltà, “L’Ora” è stato il difensore delle sue oasi, il costruttore di piste per uscirne più vitali e più liberi.

Un giornale del dialogo, dunque, “L’Ora”. Politicamente schierato a sinistra. Ma autonomo dal Pci, attento a non cedere alla tentazione di “suonare il piffero per la rivoluzione”. E sempre aperto, comunque, alle forze nuove del Psi, dei repubblicani, del mondo cattolico e della Dc e a tutto quanto maturava di innovativo nei vari ambienti della società civile.

Un giornale di cultura, come dimostrano le collaborazioni costanti con intellettuali fieri della propria autonomia di pensiero e di giudizio, come Leonardo Sciascia, per citarne soltanto uno della lunga schiera di “firme” che ne hanno connotato le pagine.

Un giornale curioso, per quanto maturava non solo a Roma e a Milano, ma nelle grandi capitali della cultura europea e soprattutto in quel Mediterraneo di cui la Sicilia e il Mezzogiorno erano componente essenziale, per storia e per attualità.

Un giornale di formazione, per generazioni di giovani intellettuali e giornalisti, attratti da una scuola di severi maestri, Nisticò innanzitutto, ma anche stimolati a crescere e a dare il meglio di sè in un mestiere che richiede passione dell’intelligenza e del cuore, acutezza di giudizio, orgoglio di libera ricerca.

“L’Ora” ponte tra la Sicilia migliore e il mondo, tra i fermenti di rinnovamento e la difesa delle istituzioni pubbliche, tra la società e le sue classi dirigenti.

Un ponte fragile, spesso. Ma costantemente tenuto in piedi. Un ponte che oggi ci manca.